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               Sempre più spesso, nell’Istituto da Lei diretto, qualora un detenuto che mostra uno stato psichico alterato con evidente tendenza all’autolesionismo e/o con istinto suicida, viene consigliato dal Sanitario competente il  regime della sorveglianza a vista

           Il ristretto viene ubicato, di norma, presso il reparto infermeria, per facilitare il compito dell’Agente che, altrimenti, si troverebbe al centro della sezione mentre il resto dei detenuti a “regime aperto” gli gira intorno.

Viene pertanto ubicato all’interno di una camera detentiva singola sprovvista, a sua volta, di tutti (o quasi) gli oggetti che potrebbero rivelarsi pericolosi, dato lo stato psichico problematico, garantendo comunque una quanto più dignitosa sistemazione. 

               Il poliziotto penitenziario svolge, come sempre, uno dei compiti abbastanza delicati, poiché viene adibito ad un rigorosissimo controllo del sorvegliato a vista, 24 ore su 24 ore, posizionandosi davanti la cella.

            Quanto sopra, al contrario, non avviene nel Reparto Femminile, ove non vi è un reparto Infermeria o una camera posta al di fuori della Sezione. Pertanto la collega si trova ad essere seduta davanti la cella, chiusa all’interno della sezione con tutte le altre detenute (con la presenza di altre detenute psichiatriche) che passeggiano intorno in assoluta mancanza di sicurezza per l’operatrice penitenziaria.

Tra l’altro, la detenuta sottoposta a sorveglianza a vista, è in una camera detentiva normale senza nessun tipo di accorgimento e, non di rado, nei suoi momenti di crisi inizia a rompere qualsiasi cosa gli capiti davanti minacciando le Agenti ivi di servizio autolesionandosi (a volte in maniera seria come accaduto qualche giorno fa)

            Piu’ in generale mi preme sottolineare che la circolare del 25 novembre 2011 intitolata “Modalità di esecuzione della pena. Un nuovo modello di trattamento che comprenda sicurezza, accoglienza e rieducazione” ribadisce l’importanza di applicare una vera e propria attività di sostegno da parte di uno staff multidisciplinare, composto da operatori penitenziari e operatori sanitari, al fine di incentivare e far integrare quanto più possibile il detenuto che al momento si ritrova in una condizione di forte disagio psichico, con evidente istinto autolesionista e suicida. 
Anche perché, sempre la circolare in esame, è intervenuta proprio con lo scopo di sottolineare come il regime di sorveglianza a vista non deve essere un ricorso ad una limitazione di spazi oppure rivolto soltanto ad evitare eventuali gesti autolesionistici del detenuto! Si è, infatti, in presenza di una forte esigenza sanitaria e trattamentale per un sostegno a 360° volto ad una integrazione del contesto detentivo.

           Inoltre, la stessa circolare n. 3649/ 6099 del 18 luglio 2013 intitolata, “Linee di indirizzo per la riduzione del rischio autolesivo e suicidario dei detenuti” in virtù di quanto approvato dalla Conferenza Unificata Stato Regione (in G.U. n° 34 del 10 febbraio 2012), focalizza l’attenzione in tema sia della prevenzione che in ambito d’intervento terapeutico, ribadendo appunto l’inserimento del ristretto sorvegliato a vista in un ampio processo trattamentale che deve impegnare tutte le aree, ma di cui sono titolari e responsabili l’Area Educativa e/o Sanitaria, e non la Polizia Penitenziaria, chiamata a collaborare e non già ad assumere oneri per fatti che esulano dalla sua specifica competenza professionale.

          A seguito di quanto sopra si chiede alla S.V. di attivarsi urgentemente per trovare delle soluzioni a garanzia della sicurezza delle Poliziotte ivi di servizio, ma soprattutto, di attivarsi con l’area trattamentale e soprattutto con quella sanitaria affinchè si attuino le linee guida dettate dal Dipartimento.

           In attesa di riscontro urgente, si porgono distinti saluti.

 

                  Il Coordinatore Provinciale

                      Domenico Maldarizzi


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