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              Lo sforzo degli “Eroi Silenziosi” della Polizia Penitenziaria ha fatto si che l’Italia, con la “sorveglianza dinamica” unitamente alle altre misure previste in materia di deflazione della popolazione detenuta, superasse l’esame del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, discendente dalla c.d. sentenza Torreggiani della CEDU

              E’ indubbio che il progetto in questione è ancora lungi dall’essere definito compiutamente e risulta essere residuale nella gran parte dei modelli organizzativi degli istituti penitenziari anche della Regione Emilia Romagna. Non ci risulta, infatti, che le sezioni e gli istituti siano stati attrezzate con postazioni di controllo remoto.

             Per questo si può ben affermare che la “sorveglianza dinamica” si è sostanzialmente tramutata in un modello di sorveglianza a regime aperto che prevede esclusivamente un prolungamento dell’ orario delle apertura delle celle con la contestuale presenza negli ambienti detentivi del Personale di Polizia Penitenziaria che, inevitabilmente si trova esposto a fattori di rischio.

            Con nota GDAP 0357380 del 21/10/2014 l’allora Vice Capo Vicario del Dap, proprio per rispondere alla ragionevole e condivisa domanda di maggior tutela e sicurezza degli operatori (che non può continuare a restare inascoltata) sensibilizzò i Signori Provveditori a disporre, nel proprio territorio, la creazione di “ronde” in ogni Istituto che, come dei vigili di quartiere, facessero sentire la presenza dello Stato, controllassero le situazioni ed intervenissero in ausilio del Personale in servizio non solo nei momenti di bisogno.

           Partendo inoltre dal presupposto che, ogni aggressione subita da un Poliziotto Penitenziario è da considerarsi una aggressione allo Stato, è assolutamente necessario che nei confronti dei detenuti che si siano macchiati di tale violenza – a prescindere dalla contravvenzione ad eventuali patti di responsabilità – si adottino misure esemplari che, nel pieno rispetto della legge e di ogni garanzia, rendano più stringente il regime detentivo a cui devono essere sottoposti per questo, avevamo condiviso in pieno, l’altra indicazione fornita dall’allora Vice Capo del DAP  Dott. Pagano sulla creazione in ogni Istituto di sezioni ex art 32 O.P. ove allocare detenuti resisi responsabili di aggressioni in danno di personale o coloro i quali non ancora pronti per essere allocati in sezioni a regime aperto.

Per quanto su esposto non si è a conoscenza che, tali indicazioni, siano state recepite dai vari direttori del distretto nè si stanno mettendo in campo iniziative utili affinché tali indicazioni diventino finalmente realtà in ogni Istituto della Regione. Al contrario  sono state aperte sezioni (ovvero celle all’interno di sezioni vedi Rep. Femminile o Reparto Infermeria della C.C. di Bologna) per la gestione di detenuti con disagio psichiatrico i quali non trovando accoglienza nelle

Rems poiché non sottoposti a misure di sicurezza, scontano la loro pena in carcere, pur non essendo il penitenziario un luogo adeguato e molto spesso senza un presidio psichiatrico adeguato a poter seguire costantemente questi detenuti e, per ovviare a tale mancanza, vi è un continuo ricorso alla “sorveglianza a vista” in aggiunta ai numerosi servizi istituzionali che il Personale di Polizia Penitenziaria deve garantire.

Tra l’altro, il continuo ripetersi di eventi critici e di aggressioni all’interno degli istituti penitenziari in danno del personale di Polizia Penitenziaria impone di realizzare una seria riflessione in materia di “sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro”.

Un riflessione che, evidentemente, non può prescindere dall’analisi delle responsabilità e

delle inadempienze che ricadono in capo ai Dirigenti degli istituti e sedi periferiche dell’amministrazione, ma più in generale della mancanza di direttive e indirizzi da parte dei vertici

della stessa amministrazione.

            L’art.2 del D.M. 18 novembre 2014, n.201 disciplina le modalità di applicazione della normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro dell’amministrazione penitenziaria e nello specifico, al comma 2 lettere C - E, prevede che siano applicate tenendo conto delle particolari esigenze che caratterizzano l’attività e gli interventi della Polizia Penitenziaria svolti per “la tutela dell’incolumità del personale e degli utenti contro pericoli di attentati, aggressioni e sabotaggi” e

“prevenire atti di autolesionismo o suicidio”.

 Il successivo comma 3, inoltre, prevede che le esigenze connesse alle attività istituzionali siano definite in relazione alle caratteristiche strutturali, organizzative e funzionali preordinate ad assicurare capacità operativa e prontezza d’impiego del personale dipendente, particolarità costruttive e d’impiego di equipaggiamenti speciali tra i quali i mezzi di trasporto e relativo supporto logistico.

Non di minore importanza sono le previsioni di cui all’art. 28 del D. Lgs 81/2008 e s.m.i. le quali dispongono che la valutazione dei rischi deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato e che l’obbligo di tale previsione risale ormai al 1 gennaio 2011

.In attuazione di quest’ultima previsione la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, nella seduta del 17 novembre 2010, ha approvato le indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato e tra gli indicatori oggettivi, responsabili delle condizioni di disagio del personale di Polizia Penitenziaria, riteniamo possano rientrare situazioni quali: aggressione da parte dei detenuti, reati commessi in carcere dai detenuti, suicidi di detenuti, tentati sucidi in carcere, atti vandalici e di devastazione all’interno delle carceri, tentativi di evasione, turni ripetuti, sovraccarico di lavoro, conflitto e ambiguità di ruoli e funzioni, inadeguatezza delle opportunità di sviluppo della carriera, mancato riconoscimento dei meriti e più in generale una

 inadeguata organizzazione del lavoro.

             Gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, come noto, possono essere coinvolti in qualità di spettatori, soccorritori e protagonisti durante l’espletamento del proprio servizio al punto di mettere a dura prova le capacità di adattamento ad un contesto in cui gli eventi critici sono quasi una routine.

             Questi eventi possono avere un effetto traumatico e potenzialmente lesivo dell’idoneità specifica del lavoratore, sia per colui che è rimasto vittima dell’infortunio/incidente, sia per coloro che hanno assistito direttamente all’intervento e/o prestato soccorso.

             Questo induce nel personale un significativo senso di isolamento sociale e fisico che suscita un sentimento di abbandono da parte della propria amministrazione, una tendenza a confrontare la propria condizione con quella dei detenuti, una monotonia e ripetitività del lavoro che possono risultare dannosi.

Non ci risulta che vi sia stata un adeguata sorveglianza sanitaria da parte dei medici competenti in favore di coloro i quali sono stati, loro malgrado, protagonisti di vicende del genere.
Fatte queste dovute premesse relative alle problematiche che investono il personale di Polizia Penitenziaria e sugli adempimenti in capo ai “datori di lavoro” individuati nel modello organizzativo del DAP, si chiede se e come le SS.LL. intendano procedere al fine di garantire l’incolumità psico-fisica del personale rispetto alle numerose aggressioni che si registrano all’interno degli istituti penitenziari; quali disposizioni utili a prevenire gli atti di autolesionismo o di auto soppressione si intendono impartire per mantenere l’ordine e la disciplina all’interno degli Istituti; quali debbano essere le procedure da adottare ai fini di una corretta valutazione dello stress lavoro-correlato per i dipendenti; quali debbano essere le particolarità costruttive e d’impiego dei mezzi di trasporto utilizzati per le traduzioni, spesso obsoleti e inadeguati; quali devono essere le dotazioni di sicurezza, anche stradali minime, che devono accompagnare ed essere presenti sui predetti mezzi di trasporto; quale

attenzione deve essere riservata alla corretta manutenzione dei veicoli.

           Qualora le predette valutazioni siano già state adottate si chiede di rendere noti quali siano stati i risultati ottenuti, così come si chiede quali disposizioni sono eventualmente state impartite per disciplinare le corrette procedure da adottare in tutti i casi su esposti.
           Al di la dell’obbligo di consentire ai lavoratori di verificare, ai sensi dell’art.18 co 1 lettera N, mediante il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza l’applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della loro salute, riteniamo che più in generale sia opportuno informare le OO.SS. rappresentative su quelli che sono gli indirizzi, le disposizioni, le procedure e le indicazioni  impartire ai Dirigenti periferici nella loro qualità di “datori di lavoro”,

          In attesa di leggerVi sullo stato di avanzamento della creazione delle sezioni ex art 32 O.P. e sugli interventi a favore della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, distintamente Vi saluto

 

 

Allegati:
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